IL MEDIOEVO SCULTOREO DELLA CATTEDRALE La Cattedrale possiede un ricco apparato scultoreo. In facciata, il portale di sinistra reca nell’architrave scene evangeliche (Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio ai Pastori, Adorazione dei Magi). L’opera è attribuita per lo più a Wiligelmo e collocata all’inizio della prima campagna di lavori (1122). Nell’archivolto spiccano l’Agnus Dei, il Battista e San Giovanni Evangelista. Dei telamoni del protiro, il primo siede su tre leoni, di cui due gli mordono la veste, il secondo su foglie con un serpente che gli afferra la veste. Ponzini (1988) interpreta l’uno come Inferno (dalla liturgia dei defunti), l’altro come Purgatorio. L’architrave destro, ascritto a Niccolò, propone Presentazione al tempio, Fuga in Egitto, Battesimo e Tre tentazioni di Cristo. Sui capitelli vi sono l’Uccisione di Abele e Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso, sulla parte alta degli stipiti le allegorie di Pazienza, Umiltà e Avarizia e, sopra l’archivolto, i profeti Enoch ed Elia (opera del ‘900 di Pier Francesco Astorri). Uno dei telamoni del protiro siede su grifone, l’altro su di un seggio, a gambe incrociate. Il portale centrale è il più manomesso (con leoni stilofori rinascimentali e baldacchino rialzato nel sec. XVI). L’archivolto reca in fascia i simboli dello Zodiaco, tra i più antichi in Occidente, del XII secolo; il ciclo è stato riferito a Niccolò (cui è per lo più ascritto), a scultori wiligelmici e alla Scuola di Piacenza. Mostrerebbe una cosmografia coi segni a sinistra e destra, al centro venti, stelle, sole, luna e mano di Dio. La zona inferiore del portale è assegnata parte a scultori di radice wiligelmica (con dubbi di autenticità per il telamone sinistro), parte a artisti nicoliani (stipiti e archivolto). Ai restauri di Guidotti datano i capitelli della tribuna inferiore, Fede e Speranza del protiro, Carità sotto il timpano e architrave (con scene sacre di Astorri).
LE FORMELLE DEI PARATICI All’interno, le formelle dei Paratici sulle colonne attestano il contributo dato dalle Corporazioni piacentine di Arti e Mestieri all’erezione delle stesse. I sette rilievi sono stati ricondotti all’officina di Niccolò e ai primi decenni del XII secolo. Sul primo pilastro di sinistra, nella formella dei Carradori, un uomo lavora alla ruota di un carro, sul secondo la formella dei Calzolai ritrae un artigiano che confeziona una scarpa. Il rilievo dei Mercanti di stoffa, sulla prima colonna a destra, mostra due donne che tagliano un tessuto, quello dei Conciatori di pelle sulla colonna seguente un telaio con pelle stesa a essiccare. Sulla colonna del transetto sud, nel rilievo dei Fornai, vi sono tre donne col pane da cuocere. Nel transetto nord spiccano la formella dei Ciabattini, dediti a manufatti umili rispetto ai calzolai, e quella dei Tintori con la figura di VGO TINCTOR. Due formelle isolate su un pilastro del transetto sud raffigurano un uomo e una donna seduti e Il Pellegrino gerosolimitano. Profeti, il Cristo Pantocrator, la Madonna col Bambino e Sante sono scolpiti nelle chiavi di volta della navata centrale.
IL POLITTICO, IL CORO LIGNEO, L’ALTARE DEL CROCIFISSO Il presbiterio è dominato dal rifulgente polittico eseguito da Antonio Burlengo e Bartolomeo da Groppallo tra 1443 e 1447, autori anche del retablo esistente nella collegiata di Castel San Giovanni commissionato nel 1441 (ultimato per la doratura da Bartolomeo solo nel 1448). La grande ancona, destinata all’altare maggiore del Duomo propone un’architettura complessa su tre ordini di nicchie ospitanti sculture e definita da alti pilastri a guglia; Bartolomeo da Groppallo si occupò di dipingere e dorare profusamente il ricco apparato plastico, sortendo un effetto magniloquente degno della collocazione in una sede tanto prestigiosa. Fra le piccole statue che trovano posto sui tre livelli spiccano, per le dimensioni maggiori e la posizione centrale, l’Assunta, il Redentore e Dio Padre. Sono affiancate da teorie di Santi a figura intera, a tre quarti di figura e a mezzo busto; si tratta di immagini legate alle scelte devozionali della comunità piacentina, a cominciare da quelle di Sant’Antonino e Santa Giustina nell’ordine inferiore. Il coro ospita i pregevoli stalli lignei dovuti a Giovanni Giacomo Genovesi (1466-1471). Un’altra opera degna di nota, a sinistra di chi guarda il presbiterio è l’Altare del Crocifisso (1504), perfetto esemplare marmoreo di arte rinascimentale a Piacenza, firmato e datato da Ambrogio Montevecchi, noto soprattutto per l’attività nel Duomo di Milano. L’Angil dal Dom Sulla cuspide conica del campanile si innalza la statua della creatura celeste nota a tutti i Piacentini come “Angil dal Dom”: la figura dorata, composta da 34 lamine di rame sbalzato fissate da chiodi, è alta 2,75 metri e pesa 104,500 chilogrammi. Ricondotta per quanto riguarda l’ideazione al locale Pietro Vago, svetta sulla città dal 1341, montata su di un perno che le ha consentito nei secoli di girare come una banderuola secondo la direzione del vento. Costituisce pertanto il più antico strumento meteorologico ad uso degli abitanti e dei frequentatori della città.
