PITTURE MURALI TRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO Tra le più antiche vi sono quelle del transetto sinistro, scoperte durante gli interventi voluti da Giovanni Battista Scalabrini (l’urna col corpo del beato si conserva nel transetto destro). Spicca per imponenza il San Cristoforo tra le figure equestri dei Santi Giorgio e Antonino (questo con l’insegna di Piacenza, un dado bianco su fondo rosso); ricondotto alla seconda metà del Duecento, è stato accostato dal Tagliaferri (1964) all’icona di un mosaico bizantino. All’ultimo quarto dello stesso secolo è ascritta la Madonna col Bambino in trono tra i Santi Giovanni Evangelista e Giovanni Battista sul secondo pilastro destro della navata centrale (che ospita anche la Madonna della misericordia del XV secolo venerata come Madonna delle grazie). Si data invece al primo Trecento la lunetta sopra l’accesso alla sacrestia inferiore. Nel transetto destro vi è una pittura collocabile poco oltre la metà del XIV secolo, scoperta nel 1873 da Bernardino Pollinari che l’ha completata nella parte bassa, interrotta dal sepolcro del vescovo Caccia (1355). Mostra Gesù benedicente fra due Sante (probabilmente Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia). Una lunetta reca la Madonna in trono col Bambino e Santi, riferita all’ambito di Giovannino de Grassi e alla Lombardia cortese di fine Trecento. Il committente genuflesso dovrebbe essere il vescovo Maineri, protomedico alla corte Visconti. Sul pilastro fra transetto destro e presbiterio vi è un dipinto murale trasferito su tela, l’Ecce homo dalle cui palme fiotti di sangue originano particole eucaristiche. Tra le più “singolari raffigurazioni in territorio italiano del fons vitae”(Loda 1999), è un unicum iconografico in quest’area. Poco distante, il Gesù Crocifisso con Santi e donatore già assegnato al 1515 e a Bartolomeo Bernardi detto Bonone, è stato poi ascritto al primi anni del secolo e a un frescante non esente da influssi fiamminghi.
MAGNIFICENZA NELLA CUPOLA Alla realizzazione degli splendidi affreschi che dominano la cupola contribuì generosamente il vescovo Giovanni Linati (1620-1627). Le immagini di Davide e Isaia sono di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, che chiamato a dipingere i Profeti nel 1625, morì ultimati i primi due spicchi notevoli per cromia e impianto. Nel 1626 gli subentrò il Guercino, che completò entro il 1627 gli altri sei scomparti della cupola (i profeti Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea, Geremia), le lunette in cui si alternano episodi dell’infanzia di Gesù (Annuncio ai Pastori, Adorazione dei pastori, Presentazione al Tempio e Fuga in Egitto) a otto affascinanti Sibille e il fregio del tamburo, per la parte a grisaille affidato ad aiuti. Nei pennacchi della cupola e negli spazi preludenti alla galleria, tra il 1688 e il 1689 operò il bolognese Marcantonio Franceschini: dei dipinti rimane il Sogno di San Giuseppe esposto nel transetto. Insieme a Giacomo Antonio Boni e Luca Antonio Bistega approntò poi il ciclo per la cappella della Madonna del Popolo, di cui restano l’Immacolata e il Padre Eterno nella volta e allegorie nei peducci. Tra gli altri affreschi, le Storie di San Corrado Confalonieri nella navata sinistra sono del lodigiano Giambattista Galeani (1613), Dottori della Chiesa e Evangelisti nel transetto sinistro si legano alla cultura romana portata dopo il 1576 da Giulio Mazzoni. Tra le tele si citano lo Sposalizio mistico di Santa Caterina e il Beato Paolo Burali di Robert De Longe (fine sec. XVII) entro la cappella del battistero paleocristiano, i Santi vescovi piacentini di Gaetano Callani (1772) e, in controfacciata, San Martino dona il mantello a un povero (1614) di Ludovico Carracci e il Martirio di Sant’Agnese di Giovanni Evangelista Draghi (1680). Un bel Trittico di Serafino de’Serafini (sec. XIV) e il San Girolamo di Guido Reni si conservano nel Museo annesso.
LA DECORAZIONE DI PRESBITERIO E ABSIDE Tra il 1599 e il 1609 il vescovo Claudio Rangoni promosse il riassetto di presbiterio e coro per adeguarlo alle norme post-tridentine e fu in parte finanziatore dell’impresa decorativa (il suo stemma campeggia negli stucchi alla base dei pennacchi, tracce del perduto apparato plastico) tesa alla glorificazione della Vergine, realizzata tra la primavera del 1605 e il 1609. Per il ciclo pittorico furono chiamati Camillo Procaccini e Ludovico Carracci, i collaboratori di quest’ultimo Lorenzo Garbieri (Bologna, 1580 ca. – 1654) e Giacomo Cavedoni (Sassuolo, 1577 – Bologna, 1660). La sequenza includeva Nascita della Vergine e Annunciazione del Carracci, Visitazione e Discesa dello Spirito Santo del Procaccini (affreschi staccati ora nel palazzo vescovile), la pala absidale col Transito di Maria (ora in controfacciata) affiancata da Sibille e Profeti dello stesso (nel palazzo vescovile); proseguiva coi Funerali della Vergine e Gli Apostoli al sepolcro vuoto del Carracci (tele a Parma in Galleria Nazionale), sostituiti nel 1804 da due dipinti di Gaspare Landi con soggetto analogo. Al di sopra vi erano Davide e Isaia del Carracci (in controfacciata). Completavano l’opera Assunzione e Incoronazione della Vergine lasciate dal Procaccini nel catino absidale e nella vela centrale della volta, le glorie d’angeli (quella di sinistra si deve al Garbieri) e i Predecessori al Limbo delle altre vele introdotte da una magnifica fascia in cui Angeli trionfanti recano simboli mariani, opere di Carracci e aiuti (Longeri 2000). Nelle volte delle cappelle di San Martino e Sant’Alessio ai lati del coro il Procaccini collaborò con il Fiamminghino (Milano, 1577-1668) entro stucchi di Francesco Sala (1608-1610).
